Video integrale Convegno Nazionale online “Nessuno si salva da solo” – 13 Marzo 2021

Fiocchetto lilla 2021: Il percorso di Rinascita

Posted by CASAFARFALLE on 
dimentica

Ci siamo molto interrogati su come vivere la giornata del Fiocchetto Lilla quest’anno, nel pieno di una pandemia e in un contesto chiuso ed isolato. L’idea stessa del Fiocchetto Lilla richiama alla condivisione e all’apertura, sia con chi “DCA” non sa neanche cosa significhi, sia con chi ha conosciuto o sta conoscendo questi disturbi da vicino.

L’idea del Percorso di Rinascita nasce proprio da qui: dalla volontà di far conoscere alle persone quanto può essere difficile, tortuoso, faticoso, pieno di insidie il percorso verso la guarigione, ma anche dalla volontà di far sperimentare la bellezza del riscoprire le piccole cose, il riappropriarsi della propria vita e delle proprie passioni, il rendersi conto che il mondo è stato lì ad aspettare solo che ci riaccorgessimo di lui.

In questo viaggio di rinascita, protagoniste sono state le ragazze della Casa delle Farfalle: hanno abbracciato fin da subito l’idea e l’hanno resa viva. Tutte le tappe e i momenti che vivrete nel percorso sono frutto della loro esperienza, delle loro emozioni e vissuti, delle loro paure e speranze. Ognuna è in una fase diversa del percorso: c’è chi sente di averlo appena intrapreso e non sa se è sulla strada giusta e chi già si volta indietro guardando con orgoglio le sfide affrontate. C’è qualcosa però che accomuna tutti i Percorsi di Rinascita: la meta, il fine che muove i passi, uno dopo l’altro, che guida ed accompagna verso la vita.

Il percorso di Rinascita

1. Le difficoltà

Nella prima parte del percorso vi invitiamo a fare le seguenti cose: sporcarvi una mano con dell’argilla e, a piedi nudi, camminare sopra a materiali ed elementi che potrebbero risultare fastidiosi e dolorosi. Passata questa fase, vi chiediamo di bendarvi, e di affrontare un percorso con degli ostacoli. Ci sarà qualcuno che vi guida e vi aiuta ad avanzare.

Lasciamo alle parole delle ragazze, la spiegazione di quanto affronterete:

“Inizialmente ci si sente rinchiusi in una gabbia da cui sembra impossibile uscire. In questa fase è come se la tua vita si fermasse e tu non corri per riprenderla perché ormai ti sembra quasi la normalità. Dopo un po’ c’è sempre qualcuno che nota qualcosa di insolito in te e si offre per aiutarti, ma tu non ne vuoi sapere. Quando la situazione diventa man mano più grave ti rendi conto di avere qualche problema e qui decidi di chiedere aiuto. Così arriva la mano che ti sostiene, ti aiuta e ti incoraggia a superare gli ostacoli.”

“Una volta entrata nel circolo della malattia, è difficile uscirne ma non impossibile. Mi ricordo un numero che scendeva, un riflesso, un commento. Sono ricordi troppo sfuocati per distinguere le mie emozioni ma non abbastanza per scordarmene. E’ tutto complicato e confuso. Molte persone classificano i disturbi alimentari come capricci, anche se non ci vanno nemmeno vicino. Raccontate dei pomeriggi passati a piangere sul pavimento della camera. Raccontate della rabbia e dell’angoscia che vi opprimeva quando vedevate quel corpo obeso riflesso nello specchio. Nella fase iniziale del DCA vedevo tutto nero, non riuscivo a trovare la piccola luce in fondo al tunnel. Era come camminare sulle braci ardenti. Era la malattia che alimentava quel fuoco, lo stesso fuoco che ci corrodeva dentro. Ogni respiro era una lotta, ogni lacrima versata era una ferita, dolorosa e indelebile, perché il passato non può cancellarla dalla tua storia.

2. L’inizio

Ora, sempre a piedi nudi, cammina sopra a materiali ed elementi più piacevoli, delicati. Vai alla scoperta del giardino; troverai delle parole, alcune di speranza: nel percorso di cambiamento iniziano ad esserci dei desideri diversi da quelli della malattia. Inizi a percepire nuovamente le cose belle della vita.

“Ricordo ancora le lacrime di gioia di mia madre quando le ho detto che volevo vivere. Il cambiamento è avvenuto lentamente ma la cosa positiva è che è avvenuto. Piccoli passi ogni giorno mi hanno portata a essere quello che sono. Piano piano sono nati dei sogni, dei desideri al di fuori della malattia. La danza, la scuola, gli amici e la famiglia. Volevo ricostruire un rapporto amorevole con i miei genitori, un rapporto degno di tale nome.”

“Ho iniziato pian piano a superare gli ostacoli che mi si presentavano davanti. Nonostante fossi come bendata dalla malattia, sono stata guidata in salvo e improvvisamente sono nati in me nuovi pensieri e nuovi desideri come per esempio la voglia di vivere appieno la vita senza perdere un attimo e di continuare a lottare e soprattutto a vincere contro quel mostro che era cresciuto dentro di me.”

3. Il cambiamento

Ora ti chiediamo di lasciarti lavare e purificare, di lasciar andare quelle catene che impediscono di vivere davvero. Guardati attorno: i fiori, i colori, e la vita che inizia ad acquisire un senso nuovo. Quando ritieni il momento opportuno puoi distenderti, fermarti e contemplare tutte le sfide e le difficoltà che hai dovuto affrontare. Ascolta la natura e guarda il cielo, completa ciò che sei e che vorresti diventare. Festeggia per il tuo traguardo.

“Pian piano, dopo tanto impegno e costanza, inizi a vedere un po’ di luce e sei sempre più motivato a guarire per tornare alla vita di tutti i giorni. Si ricominciano a percepire i colori e i profumi della vita, ci si libera dai problemi e si è sempre più pronti ad amare se stessi e la propria vita. In tutto questo c’è sempre qualcuno che ti ha incoraggiato e ti ha spinto a dare il meglio di te per riuscire a vincere la battaglia.”

“Voglio tornare me stessa, ad essere quella che ero. Riscopro cosa significa vivere veramente. A volte esce perfino qualche sorriso spontaneo e più mi allontano dal dolore, più inizio a vedere i colori. Barcollo un po’ ma voglio vivere. Mi guardo alle spalle, ne ho passate tante. No. Non ci torno indietro, devo andare avanti e combattere. Riscopro la vita in modo diverso. Appaiono i colori e via via le macchioline nere si fanno sempre più piccole. Sono quasi rinata. Sto prendendo in mano la mia vita e non l’ha più in mano il diavolo mascherato da angelo chiamato “DCA”.”

“Poco dopo ho riacquistato la luce negli occhi e tutti se ne erano accorti, me compresa.”

“Per vincere questa battaglia si deve essere pronti  a tutto ,anche della cosa che fa paura un po’ a tutti, ovvero i cambiamenti; i cambiamenti possono essere una cosa positiva ma anche negativa basta saperli prendere o cogliere e affrontarli nella maniera giusta, certo possono spaventare perché non si sa mai cosa ci si aspetta ma sta a noi scegliere come vivere un determinato cambiamento, se aprirci la strada lottando oppure farci prendere a schiaffi da questa cosa, insomma sta a noi scegliere come vivere un cambiamento.”

“È iniziata allora la mia rinascita.”

4. La scelta

Di fronte a te la meta del percorso: un albero, simbolo di cambiamento e di vita. Crea un nuovo legame con la tua vita, un simbolo del tuo obiettivo, e annoda un nastro sull’albero. Scegli di farti aiutare, scegli di cambiare e di rinascere. Lascia, inoltre, la tua impronta su un lenzuolo, simbolo del cammino fatto e della testimonianza della tua presenza.

“Grazie a questo impegno si giunge a un cambiamento dove ricominci a vivere, a pensare a quello che vuoi e che avresti sempre voluto fare. Adesso l’obiettivo è proprio quello di vivere, vivere con felicità, tranquillità e soprattutto spensieratezza.”

“Mi sono ripresa ciò che è mio e inizio un nuovo inizio. Mi stendo a riflettere e vedo tutto quello che ho affrontato, sono sfinita ma festeggio perché ce l’ho fatta. Ho vinto io. Ci sono riuscita. Sono pronta per una nuova vita. Creo un legame con essa. Attivo il cambiamento, o meglio, il ritrovamento di me stessa, ho trovato quella spensierata che avevo perso tanto tempo fa. Trovo la voglia di vivere, ma di vivere a colori. Di vivere per ciò che amo e per ciò che mi fa veramente bene.”

“Mi hanno insegnato a lasciarmi andare e lasciare scivolare via i brutti pensieri. Ho nuovi progetti nella vita, ho tante passioni da coltivare e da portare avanti e sono fiduciosa e piena di speranza.”

“Per guarire devi impegnarti e avere grinta di uscire da sto maledetto tunnel per riprenderti tutto quello che ti eri persa o meglio che si era bloccato per un determinato periodo. Quando inizi a vivere veramente e ritornano i desideri e sogni riscopri la vita in tutti i sensi, ti ritorna la voglia di vivere; non ti alzi più alla mattina con nessun desiderio ma ti alzi con uno scopo per il quale vivi, la cosa più bella esiste alzarsi con un sogno e lottare per ottenerlo, ogni giorno fare qualcosa in più per arrivare alla meta e raggiungerlo.”

“Voglio vivere appieno e non perdere neanche un secondo della mia nuova vita. Sono stufa di perdere la mia vita in questo modo. Voglio essere felice e tirare fuori il meglio di me.”

5.Speranza per il futuro

Concludiamo questo percorso lasciando la voce nuovamente ai pensieri delle ragazze, alle loro difficoltà e alle loro speranze, al loro desiderio di Rinascita.

“Finalmente adesso si può tornare a vivere, a riprendere le proprie passioni, a pensare al futuro con speranza, a credere di più in se stessi e pensare: SE HO SCONFITTO QUESTA BATTAGLIA, POSSO SCONFIGGERE TUTTA LA GUERRA!”

“Vivo per me stessa perché mi merito la vita. Cambio modo di vedere le cose, non mi sto più autodistruggendo ma mi faccio del bene. Sono riuscita a rinascere, ad essere qualcuno. Ad essere me stessa. Ad essere.”

“Non ce l’ho ancora fatta ma sono sulla giusta strada e ne vado fiera. Voglio vincere, voglio vivere e ce la farò. Sono pronta e fare ancora un po’ di fatica per poi stare finalmente stare bene. Arriverà anche il mio momento e sarà meraviglioso. Ne sono sicura.”

“Il percorso per la guarigione secondo me è molto complicato e difficile, spesso in salita; ci sono molti ostacoli da superare, alcuni più alti e altri più bassi, ma l’importante è superarli a testa alta e con aria vincente. Dopo un temporale o una brutta giornata ce sempre il sole, quindi non smettere mai di lottare; se vuoi qualcosa tutto è possibile basta volerlo.”

“È stata durissima ma alla fine ce l’abbiamo fatta e ora guardo indietro con il sorriso sulle labbra perché so che se ho superato questo problema posso affrontare la vita e andare avanti nonostante tutto. Vivere è un capolavoro e non possiamo permetterci di perderci dietro un fantasma che ci costringe ad avere alcuni comportamenti non corretti.”

Grazie a tutti

GUARIRE SI PUO’!!! Testimonianza di una famiglia

farfallePer concludere la settimana di sensibilizzazione sui DCA, condividiamo la testimonianza di questa famiglia, sperando che possa essere di aiuto ad altre che stanno intraprendendo il percorso di cura di un disturbo alimentare. GUARIRE SI PUO’!!!

La nostra storia è cominciata nel settembre 2018, quando nostra figlia di 13 anni ha cominciato a manifestare i primi disturbi dell’alimentazione. Voleva fare una dieta, iniziava a restringere i pasti perché si diceva troppo grassa (sempre stata magra).
È stato proprio il medico di base ad indirizzarci subito verso il CDA di Vicenza; noi titubanti, ma no… sarà un disturbo passeggero, tutto passerà, e invece la cosa si faceva sempre più seria …. Finché un giorno nell’ottobre 2019 mia figlia viene ricoverata in struttura dedicata e noi contemporaneamente iniziamo a frequentare il gruppo genitori dell’Associazione Midori, oltre ad accompagnarla con un lavoro di coppia psicologico e parallelo .
Adesso diciamo grazie al gruppo Midori per averlo conosciuto , per tenerci compagnia, perché sappiamo che possiamo trovare appoggio e camminare insieme.
Adesso nostra figlia è molto migliorata, finalmente si è staccata dall’ambiente ospedaliero, e continuiamo il nostro percorso naturalmente sempre tutti insieme, e assieme a Midori!

 

Disturbi del comportamento alimentare in pericoloso aumento, l’esperto: i tre segnali da non sottovalutare

foto @TeleReggio
foto @TeleReggio

Anoressia e bulimia nervose, ingestioni incontrollate, fame emotiva ed altri squilibri nel rapporto quotidiano con il cibo. I disturbi del comportamento alimentare, a causa delle restrizioni imposte dalla pandemia, registrano un aumento dei casi del 30% circa. Un’altra emergenza nell’emergenza sanitaria della pandemia che sta stravolgendo il mondo. Dai dati di un’indagine Survey diffusi dal ministero della Salute risulta infatti che nel primo semestre del 2020 sono stati rilevati 230.458 nuovi casi: nello stesso periodo dell’anno precedente erano stati 163.547.

Benedetta de Mattei ha intervistato il prof. Umberto Nizzoli – Presidente della Società Italiana per i Disturbi del Comportamento Alimentare – per capire quali sono i disturbi del comportamento alimentare più diffusi, quali sono le cause e come prevenirli.

Cosa sono i disturbi alimentari e quali sono i più diffusi?

I disturbi del comportamento alimentare (DCA) sono patologie caratterizzate da un’alterazione delle abitudini alimentari e da un’eccessiva preoccupazione per il peso e il proprio corpo. Ne esistono diverse forme ma i principali disturbi dell’alimentazione sono:

– Il Binge Eating Disorder (disturbo da alimentazione incontrollata), ha il tasso di diffusione maggiore. Determina normalmente un notevole aumento di peso poiché il soggetto perde il controllo sul cibo e ciò porta a conseguenze sul piano emotivo, fisico e metabolico importanti.

– L’anoressia nervosa è il disturbo più impressionante e noto da tempo, la prima diagnosi risale al 1650. Chi ne soffre rifiuta il cibo e si dedica all’attività fisica con intensità e continuità con una progressiva perdita di peso che può arrivare a gradi estremi. Ha un tasso di prevalenza molto inferiore rispetto al precedente ma è in assoluto la patologia mentale a più alto rischio di morte poiché l’eccessivo dimagrimento può compromettere seriamente la salute fino ad arrivare nei casi più gravi al decesso, inoltre si associa a volte al suicidio.

– La bulimia nervosa è caratterizzata, come nel binge eating, da grandi abbuffate alle quali però seguono condotte compensatorie come il vomito auto provocato, uso di lassativi e diuretici o attività eccessiva.

A questi tre che sono solo i più comuni se ne aggiungono poi tantissime altre forme più complesse o sfumate, che si associano però sempre a problemi di peso, cibo e immagine corporea. Ovviamente come qualsiasi altra patologia la severità di questi disturbi può variare da grado lieve, moderato, grave o gravissimo.

 

Quanto è diffuso il disturbo del comportamento alimentare e chi colpisce?

Dopo la depressione il DCA è il disturbo mentale più diffuso, ma se si considera oltre ai quadri citati anche l’obesità psicogena (si calcola che il 70% dei casi di obesità sia correlato a un problema nel rapporto con il cibo) rappresenta la patologia mentale più presente nel nostro Paese e nel mondo. In Italia nel complesso sono infatti circa 3 milioni le persone che soffrono di un disturbo alimentare, nei quadri di anoressia e bulimia la prevalenza è femminile anche se il fenomeno colpisce sempre più anche i maschi. Oggi vi è infatti una crescita esponenziale di questo problema tra il sesso maschile e in Italia il tasso di prevalenza, che fino a 15 anni fa era di 1 maschio ogni 10 femmine, oggi è di 1 ogni 7. E’ inoltre calata l’età media in cui iniziano a manifestarsi alterazioni nel rapporto con il cibo, al punto che si registrano casi anche al di sotto dei 10 anni, anche se l’età d’esordio del disturbo è compresa nella maggior parte dei casi tra i 12 e i 25 anni. Il Binge Eating è aumentato tantissimo mentre nella fascia d’età giovanile l’anoressia rappresenta la seconda causa di morte dopo gli incidenti stradali. Sarebbe dunque importante che la prevenzione a tali disturbi iniziasse tra la prima media e la seconda superiore.

 

Quali sono le cause di questo disturbo?


Le malattie mentali non hanno quasi mai un’unica causa ma una concomitanza di fattori che possono variamente e diversamente interagire tra loro nel favorirne la comparsa. Bisogna innanzitutto distinguere tra le anoressie e le altre forme perché nelle prime generalmente si sviluppa un senso di onnipotenza e delirio dell’io, una ricerca ossessiva di perfezionismo, un atteggiamento giudicante e aggressivo nei confronti delle persone che si hanno intorno. Vi possono essere cause genetiche che favoriscono lo sviluppo dell’anoressia nervosa, storie che partono da una iper interpretazione di diete, altre dove la magrezza è intesa come il proprio ideale, ci sono poi delle sfide familiari o interpersonali dove la magrezza diventa il parametro di riferimento. Sono spesso forme di reazione ad esperienze sofferte in cui si sviluppa un accanimento per la perfezione. A volte questo disturbo è la conseguenza a storie di maltrattamenti e abusi a cui ci si ribella cercando di affermare in tal modo la propria forza.

Le altre forme di DCA a partire dalle anoressie che falliscono il proposito del digiuno e crollano nell’abbuffata e che poi si tramutano in bulimia; questo viraggio è per la persona una drammatica sconfitta. In questi casi ci si porta dunque dietro un senso di rabbia e fallimento, si è pieni di vergona e si nascondono i propri comportamenti sperando che non trapelino neanche con i propri congiunti. Così come con le bulimie ci sono persone umiliate, sommerse dai sensi di colpa, che perdono il controllo per poi disprezzarsi. Questi soggetti diventano poi inevitabilmente ansiosi ma all’occhio distratto appaiono curate poiché vivono mascherate, sepolte nei fallimenti e nella vergogna. Anche questi soggetti, in numero ancora maggiore rispetto a quelli anoressici, hanno delle storie di violenze subite nella propria vita.

A quali campanelli d’allarme dovrebbero prestare attenzione i genitori?

Intanto la premessa fondamentale è che bisognerebbe riuscire ad essere attenti con i propri figli, parlare dei loro problemi, non avere un atteggiamento superficiale o di chiusura ma di confidenza e fiducia. Se c’è apertura e dialogo si è maggiormente in grado di percepirne tempestivamente i sintomi, mentre è molto più difficile quando manca la comunicazione. E’ importante intercettare questi disturbi il prima possibile sia per limitare le conseguenze e la sofferenza al soggetto sia perché l’efficacia delle cure è molto maggiore. Dopo questa premessa vi sono tre segnali che bisogna osservare:

1. Eccessiva attenzione al cibo

2. Eccessiva attenzione alla propria immagine corporea

3. Eccessiva attenzione al peso

Se il proprio figlio o la propria figlia non è interessato solo ad uno di questi elementi, il che potrebbe anche andare bene, ma si interessa contemporaneamente a cibo, peso e immagine corporea è bene rivolgersi a uno specialista perché probabilmente si sta formando un disturbo dell’alimentazione. Si è ancora probabilmente agli albori e abbiamo tutti gli strumenti per curare e correggere il disturbo ma se si è distratti e non ci si rende conto del problema progressivamente si sviluppano i sintomi che man mano si cronicizzano diventando più difficili da trattare.

Che impatto ha avuto il covid su questi disturbi?

Il covid ha avuto un impatto pesante su questi disturbi per tante ragioni. Se si fotografa la situazione attuale rispetto a quella di un anno fa vi è un netto aumento delle malattie mentali e relazionali ed i soggetti più colpiti sono i giovani e le persone che già soffrivano di questi disturbi, oltre ai caregiver. I giovani di 15-20 anni sono quelli che pagano il prezzo più alto esattamente dove i disturbi alimentari hanno la massima incidenza quindi è facile capire che il danno causato alla popolazione sui disturbi correlati al Covid-19 nelle forme dei disturbi alimentari sono molto importanti. Tra gli effetti del lockdown su chi ha disturbi alimentari si manifesta inoltre un aumento di ansia, depressione ed autolesionismo a cui si aggiunge la preoccupazione per l’allentamento del contatto con i curanti.

Si può guarire?

Assolutamente sise la diagnosi è precoce il tasso di guarigione è molto alto mentre quando è tardiva diventa più difficile. Tenga conto che per l’anoressia nervosa il rischio morte è davvero elevato ma se si fa una cura appropriata e quindi per forza di cose contemporaneamente nutrizionale e psicoterapica si può essere abbastanza fiduciosi. E’ chiaro che bisogna chiedere aiuto e seguire un percorso corretto, ed è molto importante rivolgersi alle persone giuste, correttamente formate come lo specialista dei disturbi dell’alimentazione.

Benedetta de Mattei

La mia rinascita. Chiara

mi nutro di vitaMi chiamo Chiara ho 32 anni. Sono una sopravvissuta all’anoressia
Mi sono ammalata che avevo 20 anni dopo aver subito un abuso sessuale.
Ingenuamente credevo di essere abbastanza forte da sopportare quel terribile dolore.  Quello strazio dell’anima. Decisi di non dire nulla a nessuno, di tenermi tutto per me. Piano piano nella mia mente guardandomi allo specchio iniziai a credere che fosse colpa mia del mio corpo, del mio essere donna.
E così inizio ad arrivare lei, fu un percorso graduale; fatto di qualche piccolo ritocco sulla mia alimentazione; a fare palestra per eliminare quello che ritenevo il mio punto di colpa:”le maniglie dell’amore “
L’attività fisica divenne un modo per controllare le calorie ingerite. Iniziai a pesare tutto qualsiasi cosa a far il calcolo delle calorie di ogni grammo presente nei piatti.
Poi scelsi di eliminare i carboidrati a cena solo verdura e proteine. Olio assente o messo negli angoli
I miei genitori fecero caso al mio cambiamento ma ignorai ogni loro consiglio
L’attività fisica aumentava. Dopo ogni briciola assunta dovevo camminare.
Scoprii la celiachia ma rimase un mio segreto; era un altro modo per potermi far delle male
Mia madre ebbe un ictus nel gennaio del 2015 quando oramai ero solo ossa; ebbe un recidiva nell’aprile dello stesso anno. Io mi sentivo colpevole sapevo che stavo facendo del male alla mia famiglia.. i medici all’inizio mi fecero andare a trovarla , ma ogni volta che mia mamma mi vedeva dopo stava peggio così mi impedirono le visite , per me un ulteriore colpo .
Iniziò una lunga discesa che mi portò ad un un’arresto cardiaco ,
fui dichiarata morta , ma qualcuno volle riportarmi indietro . È  stato  difficile accettare che Dio voleva che io portassi e scelsi nonostante le voci della malattia il ricovero , lottavo  ogni istante con mille forze
Scelsi di vivere , dovevo , volevo vincere , decisi d’accordo con la dottoressa di andare in palestra  presi il mio primo bilanciere in mano e da lì capii che ri-iniziavo a vivere
Oggi ho 32 anni  e esattamente 5 anni dopo , sono un ‘atleta bodybuilding  felice e solo quest’anno ho deciso di testimoniare .
Volevo dire grazie ad una persona per avermi dato il coraggio ,  quest’uomo è speciale per me in mille modi , e stato un regalo incontrarlo perché mi ha insegnato cose che avevo dimenticato. Lo chiamo la mia cosa bella e gazie a lui al suo affetto e presenza nella mia vita io oggi ho il coraggio di raccontare e dire IO SONO STATA MALATA DI ANORESSIA.
La mia famiglia che mi ha protetto ed oggi mi accompagna nel mio percorso di bodybuilding e Alessia la mia migliore amica che è una sorella per me e pezzo del mio cuore per esserci da sempre .
Chiara

La malattia è dura da sconfiggere… anche i genitori hanno bisogno di aiuto per diventare risorsa nel percorso di cura!!!

 

midoriI famigliari del gruppo di auto mutuo aiuto di Midori in questa settimana di sensibilizzazione sui DCA, hanno pensato di donarvi ogni giorno alcune testimonianze e pensieri.

Sempre accompagnati da tanti fiocchetti lilla 

“Dipingerei il mondo di lilla”

….3 anni fa sono iniziati per nostra figlia e per noi genitori i primi sintomi e la grande paura.
Non sapevamo cosa fare e ci siamo rivolti a dottori che pensavamo potessero aiutarla.
La volontà e il cuore c’erano ma non c’era lavoro di squadra e nostra figlia stava sempre più male. Un giorno un amico anche lui nel vortice del Disturbo Alimentare avvicina il papà e discretamente gli dice che una speranza c’è, che le persone giuste ci sono che la squadra giusta per aiutare nostra figlia c’è: Midori per il sostegno e lo sfogo per noi genitori e il CDA ulss 8 di Vicenza.
L’equipe che accoglie nostra figlia l’ha “setaccia a tappeto” e ci dice si che è malata di anoressia ma ci da anche speranza, cure, sostegno,e luce che prima o poi arriverà ” bisogna avere calma e pazienza ma vostra figlia ce la farà ne siamo certi”.
E ricordo ancora con forte emozione la telefonata fiume con Antonella la presidente dell’associazione Midori e i primi incontri con il gruppo AMA in cui le “budella” si contorcevano dentro di noi, le lacrime sgordagavo ma il cuore a piccoli passi si rasserenava perché la sensazione di essere saliti nella barca giusta era sempre più viva…e ancora oggi navighiamo, a volte in tempesta e a volte con mare calmo ma navighiamo e andiamo avanti.
Si può guarire e stare bene da questa schifosa malattia la speranza c’è e il sostegno lo sentiamo fortissimo.
Grazie a Midori e a tutti i genitori, mariti e fidanzati che ne fanno parte e grazie a tutti i medici del CDA ulss8 di Vicenza.
Siete delle gran persone e con voi la luce in fondo al tunnel si vede eccome se si vede.

La sofferenza di chi rifiuta il cibo – di Dacia Maraini 15 marzo 2021

Secondo me, una giovane donna che vomita il cibo o che se ne riempie fino a stare male, sta facendo una profonda e spesso inconsapevole richiesta di spiritualità.

disegno di Giancarlo Caligaris
disegno di Giancarlo Caligaris

Un importante programma su Rai3. Si chiama «Fame d’amore», condotto con garbo e pudore da Francesca Fialdini. Tratta del doloroso e diffuso fenomeno dei disturbi alimentari. Anoressia e bulimia. Attribuiti fino ad ora stupidamente al desiderio delle ragazze di assomigliare alle modelle. Il programma fa parlare chi ne soffre e finalmente si capisce che si tratta di tutt’altro. Niente a che vedere con la vanità femminile, ma di una sofferenza così lacerante e profonda da spingere alla voglia di uccidersi. Ma perché tante giovani donne vogliono morire senza morire del tutto? Ascoltarle fa capire tante cose, e si è presi, non solo da pietà per quei corpi martoriati, ma da una profonda e totale tenerezza e comprensione per la disperazione che li abita e per la furia con cui si accaniscono a cancellare i propri tratti. La frase più comune è: «Non mi piaccio». Non sanno dire perché. Ma sanno che non vogliono stare in quel corpo, in quel mondo, in quel tempo. Un ragazzo, giovane e bello ha addirittura dichiarato che quando si guarda allo specchio vede un mostro. Ci sono anche ragazzi infatti in mezzo a tante donne, e portano negli occhi tutto l’orrore di stare in un mondo estraneo e senza significato. Avendo studiato la vita delle mistiche per scrivere di Chiara di Assisi posso dire che ci sono molte somiglianze con le pene che si infliggevano le mistiche dentro i conventi. Santa Caterina ha voluto morire di fame. E si racconta che, non potendo rifiutare il poco cibo che le portavano in cella le consorelle, lo ingoiava e poi andava in giardino a vomitarlo solleticandosi la gola con un ramoscello. Il corpo è sempre stato un ingombro per le donne: idolatrato, raccontato, esaltato ma anche disprezzato, demonizzato, condannato.

Secondo me, una giovane donna che vomita il cibo o che se ne riempie fino a stare male, sta facendo una profonda e spesso inconsapevole richiesta di spiritualità. Come Chiara , come Caterina, quando imploravano che il cielo rivolgesse loro attenzione e amore. E alla Chiesa chiedevano valori che non sapeva più dare.

Il gesto per chiedere sostegno quando si subisce violenza domestica

 

helpSi chiama “Signal For Help”, è semplice, sicuro e silenzioso, ma richiede che chi lo interpreta sappia bene cosa fare e non fare

Quando un anno fa i vari paesi del mondo cominciarono ad introdurre le restrizioni per contenere il coronavirus, una fondazione canadese femminista che lavora contro la violenza domestica e di genere propose “Signal For Help”, un gesto della mano per segnalare in modo silenzioso un abuso e chiedere aiuto, anche in presenza dell’aggressore. Con le ulteriori chiusure decise in questi ultimi mesi per rallentare la diffusione delle varianti del coronavirus, “Signal For Help” si sta diffondendo, iniziando ad essere riconosciuto come un segnale internazionale. E molti movimenti, associazioni e giornali sono tornati – anche in Italia, e grazie a Gengle Onlus – a spiegare di che cosa si tratta: per renderlo il più possibile riconoscibile e utilizzato. C’è però una cosa fondamentale da tener presente: per affrontare la violenza sulle donne ci vuole sempre competenza. E non si può improvvisare.

I movimenti femministi e le associazioni che lavorano con le donne segnalano da mesi che le restrizioni decise dai vari paesi per contenere il coronavirus hanno avuto delle conseguenze sulla violenza domestica. Ora ci sono diversi dati che lo confermano, tanto che l’agenzia delle Nazioni Unite per l’uguaglianza di genere ha parlato di “pandemia ombra” per spiegare l’intensificarsi di abusi fisici o psicologici subiti dalle donne. Essere costrette a restare a casa e a condividere costantemente lo spazio con i propri aggressori ha infatti creato circostanze tali da compromettere ulteriormente l’incolumità delle donne, rendendo anche più difficile chiedere aiuto: non solo perché con l’isolamento nelle case sono venute a mancare le relazioni sociali, cioè un fattore protettivo contro la violenza domestica, ma anche perché la costante presenza del partner rende impossibile per le vittime parlare liberamente al telefono.

A partire da questa consapevolezza, lo scorso aprile, Canadian Women’s Foundation ha lanciato “Signal For Help”, un gesto che può aiutare alcune persone a comunicare silenziosamente che hanno bisogno di supporto. Il segnale può essere fatto durante una videochiamata o quando ad esempio si apre la porta di casa per ricevere un pacco.

Il gesto consiste nel piegare verso il palmo della mano il pollice tenendo le altre quattro dita in alto e poi chiuderle a pugno.

Il segnale di aiuto non fa riferimento a parole, lettere o concetti della lingua dei segni e, spiega Canadian Women’s Foundation, i membri delle comunità di non udenti sono stati consultati prima del lancio della campagna stessa.

 

Esistono altri codici di auto-mutuo-aiuto contro la violenza domestica. Nel Regno Unito e in altri paesi è stato messo in atto un sistema contro le molestie nei bar: per segnalare un pericolo al personale, basta chiedere se Angela è presente (la campagna si chiama “Ask For Angela”); negli Stati Uniti è stato condiviso un codice simile. In Francia, dal 2015, è possibile disegnare un punto nero sul palmo della mano, mentre in Belgio e in Spagna, durante la pandemia, è stato creato un codice per chiedere sostegno in farmacia: basta chiedere una “mascherina 19” (in spagnolo “mascarilla 19”, in francese “masque 19”). “Signal For Help” ha però un vantaggio rispetto a questi ultimi due metodi: non lascia segni e non fa scattare automaticamente un protocollo.

– Leggi anche: Le app contro la violenza sulle donne

Canadian Women’s Foundation, così come i movimenti che stanno diffondendo il segnale che hanno esperienza di violenza di genere, sottolineano infatti l’importanza di capire le procedure che possono essere più efficaci e più utili per dare effettivamente un aiuto e proteggere la persona che quell’aiuto l’ha chiesto.

È importante, ad esempio, se non si hanno relazioni con la persona da cui si è ricevuto il segnale, chiamare i centri antiviolenza o i movimenti che si occupano di violenza di genere, per capire qual è il comportamento da assumere, quali le cose che si possono o non si possono fare, e quali sono le modalità che si possono attuare per entrare in contatto con la donna, senza esporla ad ulteriori situazioni di pericolo o di isolamento.

Per quanto riguarda l’Italia qui c’è l’elenco di tutti i numeri telefonici dei centri antiviolenza della rete Di.Re. È anche possibile chiamare il numero antiviolenza e stalking 1522, attivo 24 ore su 24 tutti i giorni dell’anno e accessibile dall’intero territorio nazionale gratuitamente, sia da rete fissa che mobile, con un’accoglienza disponibile in italiano, inglese, francese, spagnolo e arabo. In entrambi i casi si riceveranno indicazioni da persone che hanno l’esperienza e la formazione più completa per occuparsi di questa questione. È anche possibile, di fronte a una situazione di emergenza, chiamare i carabinieri al 112 o la polizia al 113.

Se si hanno relazioni con le persone che chiedono aiuto, precisa Canadian Women’s Foundation, va innanzitutto capito di che cosa hanno bisogno e che cosa vogliono che si faccia. Un buon metodo è ad esempio contattarle e fare domande alle quali queste persone possano rispondere semplicemente con un “sì” o con un “no”, per ridurre il rischio nel caso qualcuno stia ascoltando. Per esempio: “Vuoi che chiami per te il centro antiviolenza?” e non “Che cosa vuoi che faccia?”. È anche possibile usare un’altra forma di comunicazione attraverso messaggi, chat social, e così via, ma cercando sempre di fare domande generiche per stabilire un contatto e ridurre il rischio nel caso in cui qualcuno monitori o controlli i vari dispositivi o account della persona coinvolta. Per esempio: “Come state?” “Mi contatti quando hai un momento?”.

In generale, come spiegano i movimenti femministi, non è possibile sostituirsi alla persona che subisce violenza per denunciare: deve essere la persona coinvolta a decidere se e come muoversi. Ed è fondamentale rispettarne i tempi, e non porsi in maniera giudicante o impositiva: qui alcuni suggerimenti molto concreti.

 

 

Commissione Pari Opportunità – Città di Feltre

margherita feniceOggi è la giornata nazionale contro i disturbi del comportamento alimentare, ma ci sono giovani, adulti, famiglie che ogni giorno lottano contro i DCA.

Nella nostra provincia c’è  L’ Associazione Margherita Fenice Belluno

che dal 2008 ha come obiettivo non solo quello socio-sanitario, ma anche di VALORIZZAZIONE, ASSISTENZA E TUTELA delle persone affette da disturbi del comportamento alimentare.

L’associazione nasce come sostegno alle famiglie che supportano al loro interno qualcuno con un disturbo dell’alimentazione; nel corso degli anni poi si è occupata di supportare gli ambulatori presenti nel territorio (centro di primo livello per la diagnosi e la cura dei dca di Belluno e Feltre); di sensibilizzare il territorio, i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta, anche attraverso interventi di prevenzione in ambito scolastico.

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L’Associazione Margherita  Fenice Belluno aderisce a

logo coordinamento nazionale disturbi alimentari                                              LOGO FENICE

Associazione Margherita Fenice Belluno via del Piave n. 5  32100 Belluno (BL). e-mail: assmargheritabl@libero.it Telefono: 3494451488   –      3468208184
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